capitolo 3
monica
Carlo, lo sai?! Ho comprato una casa e vivo con una donna che ha dieci anni meno di me…, forse te l’ho già detto? Dici di sì? Non discuto, se tu dici, io taccio, però… ieri torno casa a notte fonda, dopo il classico sabato del detenuto a pane, birra e spaghetti alla Divina Commedia, il pub di Via San Donato. Paradiso, inferno e purgatorio: Monica è sdraiata sul pavimento dell’ingresso, dentro una camicia da notte di raso bianco, le spalline abbassate. I seni, praticamente dei sorbetti, poggiati sulle mattonelle, le braccia brinate. Sembra agonizzante, cerco di soccorrerla.
“Tesoro, sono tornato! Cosa fai sul pavimento come uno straccio?”
“Mi deprimo.”
“Ma smettila, sono due settimane che ti deprimi.”
“Hai ragione, Guido, basta con la depressione, adesso mi concentro e mi faccio venire l’angoscia.”
“Dai, tirati su, che ti porto a letto al calduccio, sotto le coperte. ”
“Non scherzare, hai già tentato di violentarmi ieri notte.”
“Che cosa dici, solo perché ti ho scaldato i piedi?!”
“S’inizia sempre così.”
“Smettila, tirati su, collabora, non ti alleare con la forza di gravità, sei pesante … cosa fai?”
“Resistenza passiva, ho visto il film su Gandhi e ho scoperto di essere non violenta. Tu m’invadi troppo la vita. Lascia i miei territori, vigliacco imperialista, colonialista!”
“Come vuoi tu, resta lì a surgelare, c’hai un culo, con la scusa della depressione riesci sempre a fare quello che vuoi. Io invece questa sera sono allegro.”
“Poverino. Sei stato in birreria?”
“Sì. C’era il concerto jazz di Flavio. ”
“Che bello. Potresti riscattare la tua esistenza inutile morendo come un grande jazzista.”
“Cioè?”
“Di trombosi. ”
“Che palle sta morte.”
“Lo sai è una fissa, anche quando sono in tram penso alla morte come alla cosa più terribile…”
“Poi qualcuno scoreggia. Comunque non ti capisco; se ce l’hai con me, perché non mi hai chiuso fuori casa, come facevi ai bei tempi?”
“Non meriti più le mie attenzioni.”
“Dai, ti perdono, tirati su, aiutami, non lasciarti andare come un sacco di patate!”
“Che schifo, vomito, non nominare cibo alcuno invano! Vomito!”
“Sei a pezzi, devi mangiare qualcosa.”
“Sto attraversando la mia fase anoressica invernale, non puoi obbligarmi a nutrire questo corpo in decomposizione. Siete inumani in questa prigione, chiederò l’intervento d’Amnesty International!”
“Ti cucino un buon rancio, cioè, qualcosa di buono. Devi smetterla di farti del male, ci sono io per questo.”
“Guido, sei così comprensivo, paterno. Voglio morire spremuta da un TIR carico di te.”
“Di me?”
“Sì Guido, di tanti te. Un camion carico di sacchi di letame.”
“Monica, smettila con questi odori tragici, mi fai venire in mente le cose più dolorose della mia vita: ho la faccia coperta di brufoli e non ho più diciotto anni.”
“Dovresti desiderare intensamente la morte, oppure seguire le orme di tuo padre da giovane e cercare un lavoro al luna park…”
“Cioè?”
“Nel castello dell’orrore, come strega Nocciola.”
“Hai indovinato, che culo! I brufoli mi sono venuti proprio perché ho mangiato un chilo di cioccolata svizzera alla nocciola, ripiena di marmellata di mirtilli.”
“Buona, dammene un pezzo. Voglio avere una colica entro cinque minuti.”
“L’ho finita, ti preparo qualcosa di più stuzzicante e sostanzioso. Un piatto speciale per riorganizzarti, che ne diresti, che ne so, del riso bollito?”
“Non ti scomodare, dopo una settimana di digiuno preferirei mandar giù una cosina più semplice. Ho paura di digerire.”
“Cosa vorresti, amore?”
“Mangerei dei ravioli ai tartufi, una frittata di gamberoni e una fetta di meringata.”
“Ma sono le quattro!”
“Palle, sono le quattro e ventitrè e tu non mi hai amata.”
“Cosa dici, qualche volta sì.”
“No, tu non mi hai dato niente per aiutarmi veramente, non mi hai nemmeno mai dato un calcio in culo!”
“Ma che calcio, lo sai che non ho mai fatto sport nemmeno da ragazzino e che tutti mi prendevano a calci perché non sapevo giocare a calcio. E poi i ristoranti sono tutti chiusi a quest’ora.”
“Accendi la tele che c’è la differita di Juventus-Real Madrid. Mi taglio le vene guardandola.
“Allora esco.”
“Vai a cercarmi la cena perché non sopporti la vista del sangue?”
“No, dei tifosi.”
“Guido, non ti preoccupare, mi squarto tutta per bene, ma poi pulisco io.”
“Non ti farebbe neanche male, per una volta, pulire la casa. Va bene, visto che ieri ho finito i detersivi vedrò di trovarti qualcosa da mangiare. Evidentemente hai fame. Stai meglio?”
“Sono stremata, ricordati: è l’ultimo desiderio di una condannata a morte. Mangio e poi mi sopprimo totalmente.”
”Con le lamette da barba?”
“No, con l’acqua ossigenata, voglio morire bionda per il mio amore impossibile.”
“Tirati su… ma cos’hai sotto la pancia? Un libro! I Fiori del Male di Baudelaire… è un manuale di giardinaggio sadomasochista?”
“Cosa?”
“Il libro, perché del male?… ahia! Mi hai centrato in pieno sugli occhi, bastarda!”
“Vedi che quei fiori fanno male, fiorellino?!”
“Un casino di male, Monica, un casino…”
“Costa di più, ma rende di più. L’edizione cartonata è sempre meglio di quella economica.”
“Dio, che mal di testa, sta volta mi hai proprio rotto le cornee.”
“Tanto ti ricrescono, perché te le rimetto presto: dai, non fare quella faccia incazzata, piangi piuttosto. Guido, quando digrigni i denti mi fai paura.”
“Cretina e perfida.”
“Porco, squalo, caimano, struzzo e criceto!”
“E no, ti spacco la faccia! Ritira subito gli insulti!”
“Tutti?”
“Tutto lo zoo!”
“No, tutti no.”
“Allora una parte!”
“Va bene, ritiro tutto, tranne criceto! Criceto! Criceto!”
“Voglio vendetta!”
“Che ridere Guido, ma che vendetta? Non me la sento di legarti al letto e di cercare di fartelo rizzare per tutta la notte: ”
“No, questa volta sarò forte, extra, grandissimo come Tex!”
“Sì, il ritorno del pistolero senza pistolino! A proposito di vendetta… se vuoi vedermi tornare a sorridere…”
“Non che ci tenga, ma se proprio insisti.”
“Insisto, Guido, dobbiamo attirarlo in un’imboscata. Ci nascondiamo e lo prendiamo alle spalle, poi lo sbattiamo nel letto e tu lo spogli…”
“Ma chi?”
“Lui.”
“Ah lui, certo… lui? Chi è lui?”
“Il mio cantautore preferito, io lo voglio e lo avrò, con o senza il tuo aiuto.”
“Sei pazza.”
“Questo si sapeva. Allora: telefoni e gli dici che lo aspetto al Residence Miramonti, che è anche sulla strada mentre torna a Milano.”
“E lui ci viene.”
“Di certo.”
“Figurati, non sa neanche che esisti.”
“Particolare insignificante, prima non lo sapeva e poi lo sapeva, perché io l’aspetto distesa, nuda, sulle lenzuola di seta nera: luce soffusa, l’incenso che brucia, emanando profumazioni intense e sensuali… cosa fai, tocchi?!”
“Non vuoi avere un rapporto?”
“Con lui?”
“Con me.”
“Con te? No.”
“Me lo avevi promesso.”
“Sì, ma alla fine del mese: la paghetta è al ventisette.”
“Come sei fiscale, sono al verde, dammi un anticipo.”
“Ma sì, tieni!”
“Ahiaaaaa, ahi, molla, molla, mi fai male un casino, ahiaaaa!!”
“Così impari l’italiano. Non sostenevi che scrivere… lanciare o tirare le palle era lo stesso? Capisci la differenza adesso?”
“Ahiaaa, capisco, ma molla!”
“Gli telefoni?”
“Ahia, giurin giuretta. Sto meglio. Sei sempre comprensiva con me.”
“Con me, vorrai dire, mi faceva male la mano a forza di strizzarteli.”
“Monica, mi spiace.”
“Non fa niente.”
“Spiegami perché lui dovrebbe venire ad un appuntamento con una sconosciuta.”
“Guido, voglio rivelarti un segreto. Questa estate sono andata in vacanza in autostop…”
“Con la tua amica.”
“Con questo walkman.”
“Senza musica ti saresti annoiata un casino, quando telefonavi mi facevi sempre parlare con Vanna.”
“Che ti diceva, ascolta bene la registrazione: - Ciao Guido, sono Vanna, che vacanze da sballo, è una vera figata girare l’Italia in autostop, ci divertiamo un casino, ciao pupazzo…”
“Vorresti dire che io parlavo con il registratore?”
“No, tu non parlavi, ascoltavi. Lo sapevo che Vanna ti stava sul culo, che non le avresti mai rivolto la parola per chiederle spiegazioni, ma ti saresti espresso solo con qualche grugnito.”
“Ma dai, non ci credo, non sono mica tutto cretino!”
“Devi allenarti di più. Lo confesso: io ad Agosto ho seguito lui, il mito, per tutta la tournée. Ho visto tutti i suoi concerti, e poi, poi…”
“Poi, cosa? Se vuoi nascondimi la verità.”
“Poi è successo.”
“Cosa?”
“E’ successo che mi ha vista.”
“Lo credo, non è mica Ray Charles!”
“Mi sono espressa male, non mi ha vista, mi ha notata, poi mi ha guardata negli occhi! Si era accorto di me, che ero lì da settimane, sempre in prima fila, sotto il palco, in ogni città, in ogni paese, in ogni stadio, tendone, circo, bar, grotta, collina, teatro, anfiteatro, discoteca, balera, e sì, io c’ero!!”
“Monica, sei pazza.”
“L’hai già detto prima. Io non sono pazza, sono ammiratrice. Anzi, per una volta hai proprio ragione, io sono pazza, pazza, pazza di lui, lui, lui, lui!”
“E tu credi che, per il solo fatto di averti notata, verrebbe ad un appuntamento con te?!”
“Guido, sarei pazza a crederlo. C’è dell’altro.”
“Vado fuori, tu continui a non nascondermi la verità.”
“Dopo avermi guardata negli occhi le prime volte, nei concerti successivi mi ha preso la mano dal palco e l’ha baciata.”
“A beh, pensavo peggio.”
“Me la stringeva come solo lui sa fare. Una scossa di proporzioni atomiche. L’adrenalina mi colava dagli occhi. L’inizio del mondo con il magma ribollente e poi gli uragani, i vulcani che eruttano, le lotte tra feroci dinosauri, non sono state niente a confronto.”
“Non tenderai ad esagerare?”
“Forse sì. Rifo, togliendo i dinosauri, che sono venuti dopo nella scala evolutiva.”
“Monica, ne sei certa?”
“Sì, guarda qui, sul dizionario enciclopedico: - … i rettili giganteschi comparvero solo nell’era secondaria, iniziata duecento milioni di anni fa … poi, vedi, comparve l’uomo che in essa si trasformò da essere primitivo e selvaggio nel padrone della terra… nel dominatore, cioè in lui, il mito, il dio, il mio amore!”
“Adesso straesageri, chi sarà mai, un eroe, un condottiero, un imperatore?!”
“Guido, lui è un re barbaro, che prendendomi la mano ha dato vita in me ad un nuovo modo di essere: la diaspora!”
“Leggi troppo, sei ripazza!”
“Intellettuale però.”
“La diaspora sarebbe l’esodo, vero?”
“Sì.”
“Per un bacio?”
“Io voglio seguirlo per sempre, voglio errare errando, mi sento come un ebrea nel deserto avida di manna divina!”
“E lui è il tuo profeta.”
“Sì! Il mio Mosè, ed io la sua terra promessa!”
“Gliel’hai promessa?”
“Gliel’ho fatta intuire.”
“Meno male.”
“Ma lui sapeva che c’era, allora l’ha cercata, l’ha trovata, l’ha arata e l’ha innaffiata, la mia terra arida d’amore!”
“Dio, Monica, che cosa sei diventata, un kibbutz?!”
“Sì, lui è penetrato rapace nei miei territori, posando le sue mani voraci sulle alture del Golan, per poi conquistare tutto il resto in sette giorni.”
“Sporco sionista: al prossimo concerto vengo anch’io, con le pietre. Viva l’intifada!”
“Ma smettila con la gelosia, che tanto sei impotente come un palestinese. Io lo amo.”
“Non puoi esserne certa, tu ami Uccio e me.”
“Acqua passata. Io, in questa cella di consunzione, lo desidero come il prigioniero desidera l’ora d’aria!”
“Sei confusa, in te gli istinti primordiali stanno assumendo i contorni di una nevrosi che non tiene conto della realtà. La sensualità diverrà schiacciante se non vi poni freno, scegliendo una sana concezione universalista, etica e morale.”
“Non ti facevo così istruito, Guido, che cazzo dici?”
“Dico, dico… che faresti meglio a… sentirti in colpa.”
“Perché?.”
“Hai tradito il nostro tappo di fedeltà.”
“Tappo?”
“Volevo dire patto.”
“Sei buffo, volevi dire patto ma hai detto tappo! In sintesi hai detto: hai tradito il mio tappo.”
“Cosa vuoi insinuare, Monica?!”
“Non insinuo, tirati giù le mutande e guardati allo specchio… è un tappo! E’ un tappo, è un tappo!... un tappino, anzi, un tapino!”
“Sei cattiva, io ti ho sempre rispettata.”
“Coglione.”
“Monica, affettivamente io ti ho sempre stato vicino, per avere un aiuto.”
“Lo vedi, quando frigni diventi anche sgrammaticato e condizionato dai lapsus freudiani.”
“Io mi voglio solo per te, non importa se vado con altri uomini.”
“I casi sono due: o stai diventando omosessuale, o stai diventando incomprensibile.”
“Dico… in pratica, che sono disposto a concederti qualunque cosa per me, per noi, ma senza essere lui, che lui non ci sia con me, perché sono stanco di amarti di nascosto da me. Oh povero me.”
“Oh, povero te.”
“Tesoro, sono tornato! Cosa fai sul pavimento come uno straccio?”
“Mi deprimo.”
“Ma smettila, sono due settimane che ti deprimi.”
“Hai ragione, Guido, basta con la depressione, adesso mi concentro e mi faccio venire l’angoscia.”
“Dai, tirati su, che ti porto a letto al calduccio, sotto le coperte. ”
“Non scherzare, hai già tentato di violentarmi ieri notte.”
“Che cosa dici, solo perché ti ho scaldato i piedi?!”
“S’inizia sempre così.”
“Smettila, tirati su, collabora, non ti alleare con la forza di gravità, sei pesante … cosa fai?”
“Resistenza passiva, ho visto il film su Gandhi e ho scoperto di essere non violenta. Tu m’invadi troppo la vita. Lascia i miei territori, vigliacco imperialista, colonialista!”
“Come vuoi tu, resta lì a surgelare, c’hai un culo, con la scusa della depressione riesci sempre a fare quello che vuoi. Io invece questa sera sono allegro.”
“Poverino. Sei stato in birreria?”
“Sì. C’era il concerto jazz di Flavio. ”
“Che bello. Potresti riscattare la tua esistenza inutile morendo come un grande jazzista.”
“Cioè?”
“Di trombosi. ”
“Che palle sta morte.”
“Lo sai è una fissa, anche quando sono in tram penso alla morte come alla cosa più terribile…”
“Poi qualcuno scoreggia. Comunque non ti capisco; se ce l’hai con me, perché non mi hai chiuso fuori casa, come facevi ai bei tempi?”
“Non meriti più le mie attenzioni.”
“Dai, ti perdono, tirati su, aiutami, non lasciarti andare come un sacco di patate!”
“Che schifo, vomito, non nominare cibo alcuno invano! Vomito!”
“Sei a pezzi, devi mangiare qualcosa.”
“Sto attraversando la mia fase anoressica invernale, non puoi obbligarmi a nutrire questo corpo in decomposizione. Siete inumani in questa prigione, chiederò l’intervento d’Amnesty International!”
“Ti cucino un buon rancio, cioè, qualcosa di buono. Devi smetterla di farti del male, ci sono io per questo.”
“Guido, sei così comprensivo, paterno. Voglio morire spremuta da un TIR carico di te.”
“Di me?”
“Sì Guido, di tanti te. Un camion carico di sacchi di letame.”
“Monica, smettila con questi odori tragici, mi fai venire in mente le cose più dolorose della mia vita: ho la faccia coperta di brufoli e non ho più diciotto anni.”
“Dovresti desiderare intensamente la morte, oppure seguire le orme di tuo padre da giovane e cercare un lavoro al luna park…”
“Cioè?”
“Nel castello dell’orrore, come strega Nocciola.”
“Hai indovinato, che culo! I brufoli mi sono venuti proprio perché ho mangiato un chilo di cioccolata svizzera alla nocciola, ripiena di marmellata di mirtilli.”
“Buona, dammene un pezzo. Voglio avere una colica entro cinque minuti.”
“L’ho finita, ti preparo qualcosa di più stuzzicante e sostanzioso. Un piatto speciale per riorganizzarti, che ne diresti, che ne so, del riso bollito?”
“Non ti scomodare, dopo una settimana di digiuno preferirei mandar giù una cosina più semplice. Ho paura di digerire.”
“Cosa vorresti, amore?”
“Mangerei dei ravioli ai tartufi, una frittata di gamberoni e una fetta di meringata.”
“Ma sono le quattro!”
“Palle, sono le quattro e ventitrè e tu non mi hai amata.”
“Cosa dici, qualche volta sì.”
“No, tu non mi hai dato niente per aiutarmi veramente, non mi hai nemmeno mai dato un calcio in culo!”
“Ma che calcio, lo sai che non ho mai fatto sport nemmeno da ragazzino e che tutti mi prendevano a calci perché non sapevo giocare a calcio. E poi i ristoranti sono tutti chiusi a quest’ora.”
“Accendi la tele che c’è la differita di Juventus-Real Madrid. Mi taglio le vene guardandola.
“Allora esco.”
“Vai a cercarmi la cena perché non sopporti la vista del sangue?”
“No, dei tifosi.”
“Guido, non ti preoccupare, mi squarto tutta per bene, ma poi pulisco io.”
“Non ti farebbe neanche male, per una volta, pulire la casa. Va bene, visto che ieri ho finito i detersivi vedrò di trovarti qualcosa da mangiare. Evidentemente hai fame. Stai meglio?”
“Sono stremata, ricordati: è l’ultimo desiderio di una condannata a morte. Mangio e poi mi sopprimo totalmente.”
”Con le lamette da barba?”
“No, con l’acqua ossigenata, voglio morire bionda per il mio amore impossibile.”
“Tirati su… ma cos’hai sotto la pancia? Un libro! I Fiori del Male di Baudelaire… è un manuale di giardinaggio sadomasochista?”
“Cosa?”
“Il libro, perché del male?… ahia! Mi hai centrato in pieno sugli occhi, bastarda!”
“Vedi che quei fiori fanno male, fiorellino?!”
“Un casino di male, Monica, un casino…”
“Costa di più, ma rende di più. L’edizione cartonata è sempre meglio di quella economica.”
“Dio, che mal di testa, sta volta mi hai proprio rotto le cornee.”
“Tanto ti ricrescono, perché te le rimetto presto: dai, non fare quella faccia incazzata, piangi piuttosto. Guido, quando digrigni i denti mi fai paura.”
“Cretina e perfida.”
“Porco, squalo, caimano, struzzo e criceto!”
“E no, ti spacco la faccia! Ritira subito gli insulti!”
“Tutti?”
“Tutto lo zoo!”
“No, tutti no.”
“Allora una parte!”
“Va bene, ritiro tutto, tranne criceto! Criceto! Criceto!”
“Voglio vendetta!”
“Che ridere Guido, ma che vendetta? Non me la sento di legarti al letto e di cercare di fartelo rizzare per tutta la notte: ”
“No, questa volta sarò forte, extra, grandissimo come Tex!”
“Sì, il ritorno del pistolero senza pistolino! A proposito di vendetta… se vuoi vedermi tornare a sorridere…”
“Non che ci tenga, ma se proprio insisti.”
“Insisto, Guido, dobbiamo attirarlo in un’imboscata. Ci nascondiamo e lo prendiamo alle spalle, poi lo sbattiamo nel letto e tu lo spogli…”
“Ma chi?”
“Lui.”
“Ah lui, certo… lui? Chi è lui?”
“Il mio cantautore preferito, io lo voglio e lo avrò, con o senza il tuo aiuto.”
“Sei pazza.”
“Questo si sapeva. Allora: telefoni e gli dici che lo aspetto al Residence Miramonti, che è anche sulla strada mentre torna a Milano.”
“E lui ci viene.”
“Di certo.”
“Figurati, non sa neanche che esisti.”
“Particolare insignificante, prima non lo sapeva e poi lo sapeva, perché io l’aspetto distesa, nuda, sulle lenzuola di seta nera: luce soffusa, l’incenso che brucia, emanando profumazioni intense e sensuali… cosa fai, tocchi?!”
“Non vuoi avere un rapporto?”
“Con lui?”
“Con me.”
“Con te? No.”
“Me lo avevi promesso.”
“Sì, ma alla fine del mese: la paghetta è al ventisette.”
“Come sei fiscale, sono al verde, dammi un anticipo.”
“Ma sì, tieni!”
“Ahiaaaaa, ahi, molla, molla, mi fai male un casino, ahiaaaa!!”
“Così impari l’italiano. Non sostenevi che scrivere… lanciare o tirare le palle era lo stesso? Capisci la differenza adesso?”
“Ahiaaa, capisco, ma molla!”
“Gli telefoni?”
“Ahia, giurin giuretta. Sto meglio. Sei sempre comprensiva con me.”
“Con me, vorrai dire, mi faceva male la mano a forza di strizzarteli.”
“Monica, mi spiace.”
“Non fa niente.”
“Spiegami perché lui dovrebbe venire ad un appuntamento con una sconosciuta.”
“Guido, voglio rivelarti un segreto. Questa estate sono andata in vacanza in autostop…”
“Con la tua amica.”
“Con questo walkman.”
“Senza musica ti saresti annoiata un casino, quando telefonavi mi facevi sempre parlare con Vanna.”
“Che ti diceva, ascolta bene la registrazione: - Ciao Guido, sono Vanna, che vacanze da sballo, è una vera figata girare l’Italia in autostop, ci divertiamo un casino, ciao pupazzo…”
“Vorresti dire che io parlavo con il registratore?”
“No, tu non parlavi, ascoltavi. Lo sapevo che Vanna ti stava sul culo, che non le avresti mai rivolto la parola per chiederle spiegazioni, ma ti saresti espresso solo con qualche grugnito.”
“Ma dai, non ci credo, non sono mica tutto cretino!”
“Devi allenarti di più. Lo confesso: io ad Agosto ho seguito lui, il mito, per tutta la tournée. Ho visto tutti i suoi concerti, e poi, poi…”
“Poi, cosa? Se vuoi nascondimi la verità.”
“Poi è successo.”
“Cosa?”
“E’ successo che mi ha vista.”
“Lo credo, non è mica Ray Charles!”
“Mi sono espressa male, non mi ha vista, mi ha notata, poi mi ha guardata negli occhi! Si era accorto di me, che ero lì da settimane, sempre in prima fila, sotto il palco, in ogni città, in ogni paese, in ogni stadio, tendone, circo, bar, grotta, collina, teatro, anfiteatro, discoteca, balera, e sì, io c’ero!!”
“Monica, sei pazza.”
“L’hai già detto prima. Io non sono pazza, sono ammiratrice. Anzi, per una volta hai proprio ragione, io sono pazza, pazza, pazza di lui, lui, lui, lui!”
“E tu credi che, per il solo fatto di averti notata, verrebbe ad un appuntamento con te?!”
“Guido, sarei pazza a crederlo. C’è dell’altro.”
“Vado fuori, tu continui a non nascondermi la verità.”
“Dopo avermi guardata negli occhi le prime volte, nei concerti successivi mi ha preso la mano dal palco e l’ha baciata.”
“A beh, pensavo peggio.”
“Me la stringeva come solo lui sa fare. Una scossa di proporzioni atomiche. L’adrenalina mi colava dagli occhi. L’inizio del mondo con il magma ribollente e poi gli uragani, i vulcani che eruttano, le lotte tra feroci dinosauri, non sono state niente a confronto.”
“Non tenderai ad esagerare?”
“Forse sì. Rifo, togliendo i dinosauri, che sono venuti dopo nella scala evolutiva.”
“Monica, ne sei certa?”
“Sì, guarda qui, sul dizionario enciclopedico: - … i rettili giganteschi comparvero solo nell’era secondaria, iniziata duecento milioni di anni fa … poi, vedi, comparve l’uomo che in essa si trasformò da essere primitivo e selvaggio nel padrone della terra… nel dominatore, cioè in lui, il mito, il dio, il mio amore!”
“Adesso straesageri, chi sarà mai, un eroe, un condottiero, un imperatore?!”
“Guido, lui è un re barbaro, che prendendomi la mano ha dato vita in me ad un nuovo modo di essere: la diaspora!”
“Leggi troppo, sei ripazza!”
“Intellettuale però.”
“La diaspora sarebbe l’esodo, vero?”
“Sì.”
“Per un bacio?”
“Io voglio seguirlo per sempre, voglio errare errando, mi sento come un ebrea nel deserto avida di manna divina!”
“E lui è il tuo profeta.”
“Sì! Il mio Mosè, ed io la sua terra promessa!”
“Gliel’hai promessa?”
“Gliel’ho fatta intuire.”
“Meno male.”
“Ma lui sapeva che c’era, allora l’ha cercata, l’ha trovata, l’ha arata e l’ha innaffiata, la mia terra arida d’amore!”
“Dio, Monica, che cosa sei diventata, un kibbutz?!”
“Sì, lui è penetrato rapace nei miei territori, posando le sue mani voraci sulle alture del Golan, per poi conquistare tutto il resto in sette giorni.”
“Sporco sionista: al prossimo concerto vengo anch’io, con le pietre. Viva l’intifada!”
“Ma smettila con la gelosia, che tanto sei impotente come un palestinese. Io lo amo.”
“Non puoi esserne certa, tu ami Uccio e me.”
“Acqua passata. Io, in questa cella di consunzione, lo desidero come il prigioniero desidera l’ora d’aria!”
“Sei confusa, in te gli istinti primordiali stanno assumendo i contorni di una nevrosi che non tiene conto della realtà. La sensualità diverrà schiacciante se non vi poni freno, scegliendo una sana concezione universalista, etica e morale.”
“Non ti facevo così istruito, Guido, che cazzo dici?”
“Dico, dico… che faresti meglio a… sentirti in colpa.”
“Perché?.”
“Hai tradito il nostro tappo di fedeltà.”
“Tappo?”
“Volevo dire patto.”
“Sei buffo, volevi dire patto ma hai detto tappo! In sintesi hai detto: hai tradito il mio tappo.”
“Cosa vuoi insinuare, Monica?!”
“Non insinuo, tirati giù le mutande e guardati allo specchio… è un tappo! E’ un tappo, è un tappo!... un tappino, anzi, un tapino!”
“Sei cattiva, io ti ho sempre rispettata.”
“Coglione.”
“Monica, affettivamente io ti ho sempre stato vicino, per avere un aiuto.”
“Lo vedi, quando frigni diventi anche sgrammaticato e condizionato dai lapsus freudiani.”
“Io mi voglio solo per te, non importa se vado con altri uomini.”
“I casi sono due: o stai diventando omosessuale, o stai diventando incomprensibile.”
“Dico… in pratica, che sono disposto a concederti qualunque cosa per me, per noi, ma senza essere lui, che lui non ci sia con me, perché sono stanco di amarti di nascosto da me. Oh povero me.”
“Oh, povero te.”