capitolo 5
lode all'inviolato
Perché Carlo, a quaranta anni suonati, rimpiangeva Piazza Respighi e continuava a corteggiare d’istinto ogni donna carina? Non era normale. A quella età era un segno d’infantilismo vivere nel passato e credere d’avere possibilità e risorse illimitate. “Forse negli universi paralleli”, pensò sorseggiando il Rossese, “c'è un altro me stesso che vive un’eterna giovinezza ed infiniti amori; è questa la genialità del Grande Architetto. Ha costruito un Super Mercato delle Vite, suddiviso in infiniti saloni non comunicanti. Diversi Big Bang, il tempo immaginario, le ipotesi sui mondi possibili in base alla meccanica quantistica, e perché non applicare la metempsicosi agli universi paralleli? Questo è un Universo, in tutti gli altri io non esisto e non sono esistiti tutti gli amplessi vissuti sino ad oggi. Lì… io non c’entro niente, è solo una struttura temporale di portata… ecco gli agnolotti al salmone.”
Terminato il Rossese ordinò finalmente un Pigato, bianco come i denti giallognoli della quarantacinquenne volpina, che ora lo guardava eccome, diritto negli occhi. Sperò che fosse ligure, magari di Ventimiglia come Rosalba, per fare pendant con i vini. Una luce sinistra brillava sul quel viso misterioso, avvolto nel fard. Ebbe un sussulto: l’universo si stava ancora espandendo, per milioni di chilometri, si stava gonfiando come il suo stomaco, come l’impotente superbia di Dalì. Il bisogno di far rutti diventava forte. Ricordò Guido e i suoi flati pazzeschi. Ridacchiò sotto i baffetti, pensando alle donne che il suo amico aveva cercato di farsi su, quando ancora si frequentavano. Quasi tutte avrebbero indotto Alberoni a scrivere "Innamoramento e Pentimento".
Arrivò il pesce, mentre la volta celeste continuava a muoversi. Orione s’adagiava mollemente sul nulla: bella e tetra, come l’orata. Gli occhi bruciacchiati di quella “povera ragazza”, lo guardavano imploranti ma privi di vita: era uno sguardo spento, artico, perfettamente in simbiosi con le gambe incipriate da un collant tinta cenere, che la bionda teneva dischiuse sotto il tavolo. Il suo corpo, non tra i più freschi ed elastici del mondo, prometteva grandi emozioni a chi avesse saputo leggere tra le rughe. Un cadavere delizioso.
Nonostante l’approccio lontano ma inequivocabile, il 1995 era in fin di vita, ed entro quattro anni sarebbe finito il secolo delle guerre, il millennio delle crociate, dei roghi, dell’inquisizione, del genocidio dei popoli. Sapeva che nel ventunesimo secolo non sarebbe cambiato niente. Era inutile commuoversi tanto, pensando a Sacco e Vanzetti, Pinelli, Valpreda, e alla guerra di Spagna, al Vietnam, a Che Guevara e Malcom X, al Cile d’Allende e a Victor Hara, alla Strage della Banca Nazionale dell’Agricoltura e alle centinaia di martiri della ferocia capitalista, durante gli anni di piombo, a tutti i Capitani Coraggiosi caduti sul fronte. Nel prossimo futuro quante bombe avrebbero fatto saltare in aria i servizi segreti, quanti colpi di stato ci sarebbero stati, quanti fiumi di merda sarebbero scorsi per il petrolio, e quante balle avrebbero raccontato in televisione e sui giornali per convincerci che la Pace è un cattivo affare, per spiegare la bellezza e la funzionalità della Guerra Mondiale Permanente, per farci invocare il Controllo Totale della Bestia Globale? Milioni. Milioni di scemi che avrebbero pensato, detto, fatto e comprato le stesse cose in tutto il mondo, invocando sicurezza e manette. Uniformare Universalmente.
Meglio concentrarsi sul vino, sul pesce, sul contorno di porcini. Il Pigato gli sembrò soave e pensò: “Che assurdità!” Al trentesimo sorso le voci femminili divennero nebulose, l’universo non era lontano. Un’adolescente si alzò per andare in bagno, nel suo abito da sera corredato da scollatura vorticante, che mostrava la schiena sino all’attacco dei glutei. Buchi neri celati. Antichi ricordi.
Sentì salire dallo stomaco alla testa un vento di fuoco che preludeva ad una tempesta ormonale. Un riverbero fossile filtrava dal volto sgualcito del marito della sua preda. Si era accorto che lei emanava fotoni in fase dagli occhi, cercando di colpirlo all’inguine. Il gioco diventava intrigante e il vecchio amico di Guido decise di ostentare superiorità per conquistarla. Gli venne in mente quella festa a Parigi, dove un noto personaggio prese del caviale e lo mise in un’ostrica, poi la riempì di Don Perignon fino all’orlo e la ingurgitò. Così decise di fare. Ma prima di ordinare gli ingredienti necessari per quella dimostrazione di stile, si chiese se l’effetto sarebbe stato migliore, aggiungendo tartufi bianchi d’Alba conditi con aceto balsamico di Modena.
“Un meticciato gastronomico troppo volgare?” si chiese. E si rispose: “Quest’anno di merda muore, l’ora ictus arriva inesorabile, come l’ebbrezza stellare negli amplessi delle coppiette con la biancheria intima rossa. Chi non scopa a capodanno non scopa tutto l’anno! La bionda sembra allegra e dondola la testa pericolosamente. La durata della mia vita, il volume e la massa del mio corpo, sono una frazione dell’Universo, troppo vicina allo zero! E’ inutile aprire una discussione col cameriere sul caviale o una diatriba sul tartufo. E’ preferibile alzarsi dalla sedia, ora, a cinque minuti da mezzanotte, e invitarla a ballare, sprezzante dell’adulto che l’affianca.”
Lo fece.
Lei non accettò ma sorrise, inumidendosi le labbra con due graziosi giri di lingua. Solo la punta. Carlo tornò al tavolo, soddisfatto del suo coraggio ordinò il premio: una bottiglia di champagne, lenticchie e cotechino. L’anno di merda moriva proprio, finalmente. Le donne si alzavano, seguite da mariti e fidanzati, iniziava l’era dei brindisi, il momento clown dell’universo. I passeggeri di quella astronave volevano divertirsi con la disperazione nei cocktail champagne, pozioni sabbatiche che dopo qualche calice danno alla testa e fanno vedere le stelle.
Barcollò verso il centro del salone, stringendo gelosamente il collo della bottiglia. Qualcuno cominciò il conteggio degli ultimi secondi del 1995, pronto ad esultare per il suo trapasso. Meno dieci, nove, otto… sette milioni di neutrini stavano vibrando? Meno sei, cinque, quanti fotoni stavano rimbalzando sul suo corpo? Forse era l’alcool. Meno quattro, tre, due, “quanti cazzo di capodanni dovrò ancora sorbirmi?” pensò Carlo.
Terminato il Rossese ordinò finalmente un Pigato, bianco come i denti giallognoli della quarantacinquenne volpina, che ora lo guardava eccome, diritto negli occhi. Sperò che fosse ligure, magari di Ventimiglia come Rosalba, per fare pendant con i vini. Una luce sinistra brillava sul quel viso misterioso, avvolto nel fard. Ebbe un sussulto: l’universo si stava ancora espandendo, per milioni di chilometri, si stava gonfiando come il suo stomaco, come l’impotente superbia di Dalì. Il bisogno di far rutti diventava forte. Ricordò Guido e i suoi flati pazzeschi. Ridacchiò sotto i baffetti, pensando alle donne che il suo amico aveva cercato di farsi su, quando ancora si frequentavano. Quasi tutte avrebbero indotto Alberoni a scrivere "Innamoramento e Pentimento".
Arrivò il pesce, mentre la volta celeste continuava a muoversi. Orione s’adagiava mollemente sul nulla: bella e tetra, come l’orata. Gli occhi bruciacchiati di quella “povera ragazza”, lo guardavano imploranti ma privi di vita: era uno sguardo spento, artico, perfettamente in simbiosi con le gambe incipriate da un collant tinta cenere, che la bionda teneva dischiuse sotto il tavolo. Il suo corpo, non tra i più freschi ed elastici del mondo, prometteva grandi emozioni a chi avesse saputo leggere tra le rughe. Un cadavere delizioso.
Nonostante l’approccio lontano ma inequivocabile, il 1995 era in fin di vita, ed entro quattro anni sarebbe finito il secolo delle guerre, il millennio delle crociate, dei roghi, dell’inquisizione, del genocidio dei popoli. Sapeva che nel ventunesimo secolo non sarebbe cambiato niente. Era inutile commuoversi tanto, pensando a Sacco e Vanzetti, Pinelli, Valpreda, e alla guerra di Spagna, al Vietnam, a Che Guevara e Malcom X, al Cile d’Allende e a Victor Hara, alla Strage della Banca Nazionale dell’Agricoltura e alle centinaia di martiri della ferocia capitalista, durante gli anni di piombo, a tutti i Capitani Coraggiosi caduti sul fronte. Nel prossimo futuro quante bombe avrebbero fatto saltare in aria i servizi segreti, quanti colpi di stato ci sarebbero stati, quanti fiumi di merda sarebbero scorsi per il petrolio, e quante balle avrebbero raccontato in televisione e sui giornali per convincerci che la Pace è un cattivo affare, per spiegare la bellezza e la funzionalità della Guerra Mondiale Permanente, per farci invocare il Controllo Totale della Bestia Globale? Milioni. Milioni di scemi che avrebbero pensato, detto, fatto e comprato le stesse cose in tutto il mondo, invocando sicurezza e manette. Uniformare Universalmente.
Meglio concentrarsi sul vino, sul pesce, sul contorno di porcini. Il Pigato gli sembrò soave e pensò: “Che assurdità!” Al trentesimo sorso le voci femminili divennero nebulose, l’universo non era lontano. Un’adolescente si alzò per andare in bagno, nel suo abito da sera corredato da scollatura vorticante, che mostrava la schiena sino all’attacco dei glutei. Buchi neri celati. Antichi ricordi.
Sentì salire dallo stomaco alla testa un vento di fuoco che preludeva ad una tempesta ormonale. Un riverbero fossile filtrava dal volto sgualcito del marito della sua preda. Si era accorto che lei emanava fotoni in fase dagli occhi, cercando di colpirlo all’inguine. Il gioco diventava intrigante e il vecchio amico di Guido decise di ostentare superiorità per conquistarla. Gli venne in mente quella festa a Parigi, dove un noto personaggio prese del caviale e lo mise in un’ostrica, poi la riempì di Don Perignon fino all’orlo e la ingurgitò. Così decise di fare. Ma prima di ordinare gli ingredienti necessari per quella dimostrazione di stile, si chiese se l’effetto sarebbe stato migliore, aggiungendo tartufi bianchi d’Alba conditi con aceto balsamico di Modena.
“Un meticciato gastronomico troppo volgare?” si chiese. E si rispose: “Quest’anno di merda muore, l’ora ictus arriva inesorabile, come l’ebbrezza stellare negli amplessi delle coppiette con la biancheria intima rossa. Chi non scopa a capodanno non scopa tutto l’anno! La bionda sembra allegra e dondola la testa pericolosamente. La durata della mia vita, il volume e la massa del mio corpo, sono una frazione dell’Universo, troppo vicina allo zero! E’ inutile aprire una discussione col cameriere sul caviale o una diatriba sul tartufo. E’ preferibile alzarsi dalla sedia, ora, a cinque minuti da mezzanotte, e invitarla a ballare, sprezzante dell’adulto che l’affianca.”
Lo fece.
Lei non accettò ma sorrise, inumidendosi le labbra con due graziosi giri di lingua. Solo la punta. Carlo tornò al tavolo, soddisfatto del suo coraggio ordinò il premio: una bottiglia di champagne, lenticchie e cotechino. L’anno di merda moriva proprio, finalmente. Le donne si alzavano, seguite da mariti e fidanzati, iniziava l’era dei brindisi, il momento clown dell’universo. I passeggeri di quella astronave volevano divertirsi con la disperazione nei cocktail champagne, pozioni sabbatiche che dopo qualche calice danno alla testa e fanno vedere le stelle.
Barcollò verso il centro del salone, stringendo gelosamente il collo della bottiglia. Qualcuno cominciò il conteggio degli ultimi secondi del 1995, pronto ad esultare per il suo trapasso. Meno dieci, nove, otto… sette milioni di neutrini stavano vibrando? Meno sei, cinque, quanti fotoni stavano rimbalzando sul suo corpo? Forse era l’alcool. Meno quattro, tre, due, “quanti cazzo di capodanni dovrò ancora sorbirmi?” pensò Carlo.